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Vita di una donna nera italiana: si presenta il libro di Espérance Hakuzwimana Ripanti

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Basta col razzismo, anche mascherato, basta con i pregiudizi, basta con gli stereotipi: così nascerà lo spazio per il confronto. E poi basta, l’opera prima di Espérance Hakuzwimana Ripanti, sarà presentata stasera, 9 gennaio alle 21 al Circolo dei Lettori, con la partecipazione dell’editore di People Giuseppe Civati, è allo stesso tempo una denuncia e un invito al dialogo.

L’autrice, scrittrice e attivista culturale di 28 anni, è nata in Ruanda ed è arrivata in Italia nel 1994; adottata da una famiglia bresciana, si è trasferita a Torino nel 2015 per frequentare la Scuola Holden. È tra le autrici afrodiscententi dell’antologia Future, a cura di Igiaba Scego, uscita lo scorso anno per effequ.

Com’è nato il libro?
“Non era previsto, ha una storia un po’ particolare. Quando sono uscita dalla Holden avevo l’idea di scrivere ma tutte proposte che mi arrivavano erano di raccontare la storia del genocidio nel mio Paese d’origine, visto che sono nata in quegli anni ed è stato quello il motivo dell’allontanamento. Ne ero demoralizzata: mi chiedevo se mai nel futuro avrei avuto la possibilità di essere solo una scrittrice, senza che questo fosse collegato alla mia storia e al colore della pelle. Poi ho partecipato a una presentazione di Lettera agli italiani come me di Elizabeth Arquingo Pardo, dove la casa editrice è rimasta colpita dal vedermi parlare in modo spigliato. A maggio al Salone del Libro ho incontrato Beppe Civati che, senza sapere chi fossi, mi ha chiesto se avessi qualcosa da scrivere”.

Ce l’aveva?
“Ho colto l’occasione per raccogliere delle idee, mettendo insieme anche elaborati precedenti. Nel libro ci sono tante cose che mi hanno dato fastidio o fatto male: è stato un modo per fissarle e poter iniziare quella che spero possa essere la mia strada. Mi piacerebbe poter scrivere anche libri per ragazzi.”

E poi basta. Manifesto di una donna nera italiana
La copertina del libro

C’è un episodio particolare che l’ha colpita in modo particolare?
“L’attentato a Macerata del 3 febbraio 2018 mi ha portata a espormi: mi sono resa conto dovevo fare qualcosa; non potevo più ignorare il fatto che in Italia ci fosse un problema da guardare in faccia e risolvere. Una criticità che non è scoppiata nel 2018 ma che c’è sempre stata: ne è scaturita un’attenzione che ci sarebbe dovuta essere dieci anni prima, quando nessuno ne parlava ma le dinamiche erano le stesse. Ancora oggi, come allora, la voce principale non è quella di chi subisce, ma se ne parla di più soprattutto per scopi politici, continuando a dimenticarsi dei protagonisti e delle possibili soluzioni”.

Quali sono secondo lei?
“Non ho risposte a portata di mano ma penso che partire dall’ascolto e dal mettersi in discussione in prima persona possa essere un buon punto di partenza. È una cosa che cerco di fare io stessa: il fatto che sia di origine africana e attivista non significa che non faccia esperienza di dinamiche razziste”.

A chi è rivolto il libro?
“Prima di tutto alle persone afrodiscendenti: per quanto la letteratura italiana della migrazione ci sia stata, le nuove voci stentano un po’. È stata un’occasione per mettere su carta punti magari ovvi per chi è straniero ma che non sono ancora stati scritti in un testo: ad esempio il disagio nel sentirsi chiedere costantemente di dove sei. Poterlo condividere è un modo per sentirsi meno soli: io l’ho scritto per quello”.

È andata a vedere il nuovo film di Checco Zalone?
“Inizialmente sono entrata anch’io nel dibattito, prima che la pellicola uscisse, poi mi sono detta che non è giusto parlare di qualcosa che non si è visto. Ho raccolto molti commenti di chi è andato al cinema e lo vedrò più avanti, una volta passata la bufera e quando mi sentirò meno condizionata dai giudizi dei miei conoscenti: non vorrei uscire dalla sala con l’umore a terra e ferita”.

Quali sono i suoi prossimi progetti?
“Sono in programma varie presentazioni del libro. Conduco un programma su Radio Beckwith Evangelica dal lunedì al venerdì dalle 15.30 alle 17. Si intitola Bookcrossing e parlo ogni giorno di un libro e di una bella notizia: mi rende felice e mi permette di leggere un sacco. Inoltre tengo laboratori per bambini sulla cittadinanza, su cosa significhi essere di origine straniera in un Paese come l’Italia e dell’attivismo. Quanto alla scrittura, ho il desiderio di riprendere in mano un testo per ragazzi presentato alla fine del percorso alla Holden e di farlo uscire”.

ADRIANA RICCOMAGNO