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Tomaso Montanari: “Gli intellettuali italiani non siano Cassandre mute”

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Tra citazioni di Leonard Cohen, luoghi comuni abusati e storia dell’arte, il professor Tomaso Montanari ha presentato ieri al Salone internazionale del libro di Torino due suoi volumi usciti recentemente.

Cassandra muta” parla del ruolo degli intellettuali e degli studiosi rispetto alla politica. Il titolo fa riferimento a una scena di “Agamennone”, tragedia del poeta greco Eschilo, nella quale il dio Apollo sputa sulle labbra della sua sacerdotessa, che non ha voluto concedersi a lui, condannandola a non essere più creduta nelle sue profezie.

Sappiamo come è andata a finire per i troiani, che non ascoltarono Cassandra, e Montanari vede nel comportamento degli intellettuali e della nomenclatura univeritaria di oggi delle similitudini inquietanti con Cassandra. Come la sacerdotessa sul carro di Agamennone, anche gli studiosi italiani vengono mostrati e fatti oggetto di vanto solo quando tacciono sulle storture della politica, ovvero quando mancano di impegno pubblico.

“Gli uomini di cultura non devono lasciare al potere, che ha il monopolio della forza, anche quello della cultura”, questo il monito di Montanari per coloro che ricercano la verità attraverso la scienza.

Il secondo libro presentato in Sala Rossa è stato “La libertà di Bernini” (uscito nel 2016), che svela le ombre del rapporto tra Gianlorenzo, maestro del ‘600, e il suo principale committente, papa Urbano VIII. Indagando le carte originali, tra cui le lettere e le vite del Bernini, Montanari ha scoperto che la relazione tra i due non fu così idilliaca come viene solitamente mostrata. Si viene a scoprire che la bravura di Gianlorenzo Bernini fu quella di dare di sé l’immagine pubblica che voleva, celandosi dietro la facciata di devoto artista di corte. Come Cassandra, anche Bernini fu costretto, o si costrinse, a non parlare contro il potere che lo manteneva. Tuttavia in segreto soffrì molto per le imposizioni che gli venivano fatte e si macerò negli ultimi anni di vita per gli sfregi ricevuti, pensando che la cultura dovesse mantenere un certo attrito con il potere: “È così che l’intellettuale dovrebbe agire: essere un continuo pungolo per la politica ad adottare provvedimenti migliori”.

“Questi due libri sono legati dalla metafora abusata della torre d’avorio – ha detto Montanari – che si usa per indicare qualcuno che sembra chiudersi in una posizione privilegiata ma lontana dalla realtà. L’antropologo tedesco Erwin Panofsky nell’800 aveva dato un’interpretazione diversa della torre eburnea, dicendo che in realtà la parte importante della metafora è la torre e non l’avorio: chi sta sulla torre vede lontano e si accorge prima dei pericoli che stanno arrivando. La cosa importante è dare l’allarme alla città che sta sotto la torre, altrimenti stare lassù diventa inutile”.

Il parallelo con quello che succede oggi è chiaro: se la cultura e la scienza si chiudono in loro stesse o vengono isolate, sono inutili. “Chi fa ricerca e chi si specializza nello studio di una materia, qualunque essa sia, deve portare la sua voce nello spazio del dibattito pubblico, impegnandosi politicamente. Altrimenti si rinchiude veramente nella torre d’avorio come una Cassandra muta, arresa al potere costituito, e non come una sentinella della democrazia”.

Secondo Montanari, che ha da poco assunto la presidenza del movimento “Libertà e giustizia“, oggi in Italia la cultura e la scienza sono largamente inascoltate e vengono valorizzate soltanto quando producono un ritorno d’immagine per i governanti di turno. “Gli intellettuali di questo Paese non devono legarsi al potere e nemmeno di autoesiliarsi, ma devono proporre un modo alternativo di fare politica nella società civile, accanto alla discussione parlamentare, per realizzare pienamente la Costituzione della Repubblica”.

DAVID TRANGONI