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Terzo settore e Pa si avvicinano anche in Piemonte

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“Ci stiamo mettendo al passo con la legislazione nazionale: con questa legge facciamo ordine e semplifichiamo l’impianto normativo regionale sul Terzo settore”, dice Monica Canalis. Il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità la proposta di legge 146 della consigliera del Partito democratico che recepisce la riforma nazionale del 2017 e semplifica e abroga alcune leggi regionali precedenti. La novità principale è la Consulta regionale del Terzo settore, che fungerà da raccordo tra le diverse anime del campo, dal culturale allo sportivo. Inoltre, per i bandi regionali saranno istituiti punteggi premiali per i comuni che si dedicano alla collaborazione tra Pubblica amministrazione (Pa) ed Enti del terzo settore (Ets) attraverso coprogettazione, coprogrammazione e amministrazione condivisa. Sono previste anche linee guida sulla collaborazione tra Pa ed Ets.

Il Piemonte arriva però in ritardo: il recepimento della legislazione nazionale è già avvenuto in Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Molise e Lazio. Il decreto legislativo 117 del 2017 ha creato un codice apposito di unificazione delle leggi settoriali di volontariato, promozione e impresa sociale. Da qui è nato il modello dell’amministrazione condivisa tra Pa ed Ets. A dare un’ulteriore spinta in questo percorso, la Corte costituzionale nel 2020 ha riconosciuto che le attività di interesse generale possono essere svolte non solo dalla Pubblica amministrazione ma anche a partire da un’iniziativa dei cittadini, nell’ottica di una società solidale: secondo la sentenza 121, il Terzo settore può svolgere funzione pubblica esattamente come la Pa. Inoltre, la legge attua il principio costituzionale della sussidiarietà.

L’approvazione della proposta di legge da parte del Consiglio regionale è dovuta a un lavoro di mediazione con gli assessori Chiara Caucino (Lega) e Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia). “È frutto di un confronto tra maggioranza e giunta, ma questo è solo il primo passo”, dice Marrone. “Il Terzo settore non è un tema di parte – continua Canalis -: è una ricchezza trasversale in una regione che vanta un patrimonio storico e un alto numero di organizzazioni che si dedicano al sociale. È una rete silenziosa che tiene in piedi il Paese e che rafforza il senso di appartenenza a una comunità, contribuendo a ricucire i legami sfilacciati tra le persone. Il Terzo settore è fattore di democrazia ed è stato fin dall’Ottocento pilastro della coesione sociale in Piemonte, animato in particolare dall’ispirazione cristiana e dalla tradizione socialista”. La consigliera spiega che l’avvicinamento che ha portato a un’amministrazione condivisa non è frutto unicamente del protagonismo di queste organizzazioni nella regione, ma anche dell’apertura della Pubblica amministrazione nei confronti del Terzo settore.

“Non è stato semplice normare questo ambito tenendo sotto controllo i furbetti. Serviva avere una normativa regionale perché si è fotografata la realtà piemontese, che è diversa dalle altre, riconoscendo la dignità di chi opera in questo settore”, spiega Maurizio Marello, consigliere regionale del Partito democratico. “Occuparsi delle persone più fragili o in difficoltà – conclude Canalis -, delle cause sanitarie, culturali o ambientali, non è statalismo o assistenzialismo, ma tutela dei diritti umani, attuazione della Costituzione e investimento sui legami tra le persone. Se non insistiamo sul tema della comunità, la nostra democrazia sarà sempre più illiberale e lascerà sempre più indietro chi è meno efficiente e performante”.