Scuole aperte d’estate: i dubbi del Piemonte sul piano della ministra Fedeli

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La proposta della ministra dell’istruzione Valeria Fedeli di tenere aperte le scuole durante l’estate fa discutere anche il mondo dell’istruzione piemontese. E mentre i tecnici del ministero sono al lavoro per preparare una bozza entro l’inizio del prossimo anno scolastico, ci s’interroga sulle modalità di attuazione del piano. Per esempio, la numero uno del Miur ha negato il prolungarsi della didattica a luglio e agosto, di fatto escludendo gli insegnanti dal progetto.

“Perché invece non diamo un’opportunità di lavoro ai docenti precari nel periodo estivo? Mi sembra una proposta interessante, ma ci vuole integrazione tra l’attività dei centri estivi e l’insegnamento, tra ciò che fanno già i Comuni e quello che propone in aggiunta il ministero – afferma l’assessora regionale all’istruzione Gianna Pentenero –. In Piemonte abbiamo una realtà eterogenea: per esempio le scuole dell’infanzia restano aperte sino al 31 giugno. Tuttavia, è chiaro che i centri estivi gestiti dal Comune non sono sufficienti per venire incontro alle esigenze dei genitori. Il problema del caldo? È vero che gli edifici sono pensati per un periodo che va da autunno a primavera inoltrata, però si tratta comunque di spazi molto grandi. Non lo vedo come un ostacolo”.

Elena Cappai, dirigente scolastico dell’istituto Sandro Pertini non è d’accordo con l’assessora: “Molte scuole torinesi non sono attrezzate per fronteggiare le temperature estive. Ma le criticità non finiscono qui: per esempio c’è da chiedersi chi gestirà le classi e con quali fondi, visto che il contratto dei docenti non prevede il lavoro a luglio e agosto. Se si trova una risposta a queste domande, il progetto diventa interessante”. L’istituto comprensivo Pertini, che racchiude quattro scuole – due dell’infanzia, una primaria e una secondaria – da cinque anni organizza il centro estivo: “Quando sono arrivata qui nel 2013 ho subito accolto la richiesta delle famiglie, che mi chiedevano di organizzare attività di sport e animazione d’estate. Quest’anno abbiamo 120 iscritti”, conclude Cappai.

Sono 84 le scuole torinesi che si sono rese disponibili per allestire centri estivi nel periodo che va dal 12 giugno al 28 luglio. L’iniziativa, riservata ai bambini dai 6 agli 11 anni che hanno frequentato la scuola primaria nell’anno scolastico 2016/17, è stata organizzata dalla Città di Torino in collaborazione con la Compagnia di San Paolo.

“La volontà di tenere aperti gli istituti è comprensibile e risponde a un bisogno legittimo delle famiglie – afferma Maria Lucia Manca, responsabile della Gilda degli Insegnanti di Torino – Nella nostra città succede già da diversi anni. Non si parli però di didattica: la scuola non può essere un resort o un parcheggio per gli alunni. Quello si chiama baby-sitting e non coinvolge i docenti. Il periodo di sospensione in estate è necessario: per gli insegnanti come per gli studenti, che hanno bisogno di studiare e riposarsi”.

L’esigenza dei genitori di portare i figli a scuola anche d’estate è preponderante nelle città più che nei paesi, come spiega Gianni Guglielminetti, da dieci anni insegnante di ruolo alla scuola secondaria di primo grado di Casale Corte Cerro, in provincia di Verbania. “La nostra realtà è piccola e non ci sono state richieste specifiche da parte delle famiglie. In ogni caso sono favorevole all’apertura estiva, a patto che non siano coinvolti gli insegnanti e che non si facciano lezioni, ma attività che interessino e coinvolgano gli studenti. Senza dimenticare le difficoltà logistiche: nel nostro paese non fa così caldo, ma non oso immaginare in Puglia o in altre regioni del Sud…”.

“Se abbiamo riscontrato un aumento di richieste da parte delle famiglie? No, anche perché ci sono sempre più genitori disoccupati o in cassa integrazione, che, tristemente, non hanno necessità di lasciare i figli a scuola d’estate – dice Elisa Trovò, presidente del Coordinamento Genitori del Piemonte -. L’uso delle strutture scolastiche nei mesi estivi non è una novità nella nostra regione, mentre è difficile pensare a una continuità didattica. E poi c’è il problema dei costi: è chiaro che è più economico affidarsi a un nonno o a una vicina di casa se si è in difficoltà”.

FEDERICO PARODI