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Ricerca sul cancro: UniTo unica italiana nella classifica Nature Index

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L’unica Università italiana tra le migliori duecento al mondo impegnate nella ricerca sul cancro: la classifica Nature Index 2020 Cancer Table vede l’Ateneo torinese alla 176^ posizione a livello globale nella classifica guidata dagli Stati Uniti, che si aggiudicano il primo posto con l’Università di Harvard e figurano con 85 istituzioni accademiche, seguiti dalla Cina con 43. Un riconoscimento all’impegno di molti, tra cui Federico Bussolino, direttore Dipartimento di Oncologia Universita di Torino.

In concreto cosa è stato riconosciuto all’ateneo?
“È stata esaminata la produzione scientifica mondiale degli ultimi quattro anni, selezionando i lavori inerenti l’oncologia. L’analisi tiene in conto sia il numero delle pubblicazioni che la qualità: ad esempio una rivista italiana oppure internazionale dà un diverso punteggio. Il risultato dimostra l’impatto dell’Università di Torino in ambito oncologico, sia clinico che di ricerca di base, che è molto significativo visto che siamo gli unici italiani e tra meno di una quarantina di europei”.

Quali secondo lei i vostri punti di forza?
“L’università e i nostri laboratori lavorano in stretta continuità con gli ospedali come Candiolo, Molinette, San Luigi di Orbassano: questo significa che la fonte scientifica è utile all’assistenza. L’osmosi tra la conoscenza e la pratica clinica va a vantaggio per pazienti e società”.

Quali i principali progetti in cui è impegnata l’Università di Torino?
“Le aree oncologiche in cui UniTo è forte a tutto tondo, dalla ricerca alla clinica, all’assistenza, sono i tumori del polmone, quelli del tratto gastroenterico come il colon, la mammella, leucemie e linfomi e i tumori del tratto tutto uro-genitale, cioè vescica e prostata”.

Qual è la sfida principale per le vostre ricerche?
“Dal punto di vista scientifico e di conoscenza, l’obiettivo è di cercare di conoscere le alterazione genetiche alla base del cancro. Per quanto ci riguarda, due sono le aree in cui abbiamo ottenuto i maggiori risultati. La prima è la cosiddetta biopsia liquida, che serve per l’analisi genetica dei tumori. Di solito ci vuole del tessuto tumorale, che è facile sul tessuto primitivo: il chirurgo toglie il tumore e l’anatomopatologo o il biologo molecolare lo studia. Ma è importante anche seguire il decorso: UniTo è stata tra le prime a mettere a punto la possibilità di vedere nel sangue il Dna mutato rilasciato dai tumori. Il tumore, infatti, non è una fortezza chiusa, ma rilascia oggetti nel sangue: con tecnologie sofisticate si riconosce nel Dna  dove si trova il danno genetico.
L’altro ambito in cui operiamo è lo studio di un tumore nel suo ambiente, tra le cellule sane: la tipologia di queste condiziona l’aggressività del cancro. Se riuscissimo a capire come si parlano, indubbiamente sarebbe un passo avanti nella diagnosi, nella prognosi e nella cura stessa”.

Com’è cambiato il vostro lavoro in queste settimane?
“Se durasse poco potremmo quasi considerare questa positiva: di solito siamo tutti a rincorrerci, così due mesi di lettura, studio e discussione, con mezzi di comunicazione più che efficienti che ci consentono di parlarci in remoto. Però adesso siamo a circa due mesi di sospensione e l’emergenza è molto seria. Conosciamo poco il nuovo virus e le precauzioni sono molto importanti in un contesto in cui giovani ricercatori oltre che ai nostri laboratori accedono alle strutture sanitarie. In base alle disposizioni del rettore, l’attività è stata ridotta all’essenziale, ad esempio per seguire le colture cellulari. Della decina di persone del mio gruppo, è andata in laboratorio una al giorno per mantenere in vita la struttura”.

ADRIANA RICCOMAGNO