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Langhe: crescono gli investitori ma serve più tutela

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Vigneti, colline e prodotti enogastronomici. Il territorio di Langhe e Roero negli anni sta acquisendo sempre più rilevanza dal punto di vista turistico, diventando meta per viaggiatori anche stranieri. “È un territorio che gode di ottima salute, ma che si è modificato molto dal punto di vista della ricettività turistica dal 2004 al 2022”, dice Bruno Bertero, direttore dell’ente turismo Langhe, Monferrato, Roero, durante Grandi Langhe 2024. in programma il 29 e 30 gennaio alle Ogr. Negli ultimi anni le Langhe sono diventate una meta turistica sempre più ambita grazie soprattutto alle conseguenze delle olimpiadi del 2006 e all’inserimento, nel 2014, nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità. “Le presenze – continua Bertero – sono passate da 237mila nel 2004 a 845mila nel 2022. Non ci sono ancora i dati definitivi del 2023, ma segneranno un’ulteriore crescita”.
È cambiato anche il modo di fare ricettività: le case vacanze affittate da privati hanno superato le strutture specializzate, come hotel e bed and breakfast. “Questa novità ha vantaggi e svantaggi. Le vacanze si concentrano in alcuni periodi dell’anno, quindi cambiano usi, costumi e servizi del territorio”. Anche gli abitanti di quelle zone stanno cambiando, rispecchiando una tendenza nazionale: ci sono sempre più anziani e sempre meno giovani. Tra i fattori positivi, invece, c’è un basso tasso di disoccupazione, vicino allo zero.

Negli anni gli investitori del settore vinicolo e finanziario hanno manifestato un interesse crescente nei confronti di Langhe e Roero. Quest’attenzione però non è priva di rischi. L’attrattività, infatti, è un elemento positivo dal punto di vista economico, ma il pericolo è che porti a fenomeni speculativi e a imprenditori che non hanno a cuore la tutela del territorio. Il Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e i Processi di Convivenza (CERISVICO) dell’Università Cattolica di Milano e Brescia ha condotto e presentato nell’ambito di un evento di Grandi Langhe uno studio sulle prospettive future delle generazioni junior (under 40) e senior (over 40) e sulla possibilità o meno di vendita della propria attività a investitori stranieri.

I risultati emersi, anche se non hanno valenza statistica, evidenziano che la tematica è vissuta in modo differente dalle diverse generazioni familiari. I giovani guardano gli investitori in un’ottica complessa, non monolitica e li vedono come portatori di progetti industriali e di grandi capitali. Gli anziani, invece, tendono ad avere una visione più univoca, sostenendo che questi operano a fini speculativi, dettati dal desiderio di guadagno. Per quanto riguarda l’apertura nei confronti della possibilità di vendita dell’attività, i junior considerano la vendita come una questione comunitaria, che incide sul patrimonio comunitario e valoriale del territorio. Per i senior, al contrario, cedere l’attività significa vendersi perché c’è un’altissima identificazione nel proprio lavoro e in quello delle generazioni passate.

“Il modello che riteniamo vincente – ha dichiarato Massimo Romani, ceo di Argea, realtà che si occupa di produzione e distribuzione di vino italiano nel mondo – è quello di un corretto mix fra investimenti esterni, fatti però nella logica di continuità e di un coinvolgimento diretto delle ex proprietà e un tessuto di aziende, spesso familiari, che mantengano inalterato il tessuto sociale e di valori. Una convivenza di anime che possono garantire il miglior futuro ai territori”.