La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Gli investitori privati possono salvare il giornalismo dalla crisi

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Non è una novità che il settore del giornalismo sia in crisi. I modelli di business tradizionali non funzionano più e spesso i nuovi modelli di business non ottengono i risultati auspicati, anche a causa dell’intervento degli algoritmi. Nella ricerca di fondi e finanziamenti una soluzione può arrivare dal settore privato che, come spiega Heather Gilberds, associate director del Center for International Media Assistance, “contribuisce a sbloccare capitali con finanziamenti innovativi”.

Le imprese eticamente orientate e gli investitori focalizzati sull’impatto sociale hanno contribuito a costruire un modello alternativo di finanziamento. “Ottenere i finanziamenti non è semplice perché, ad esempio, le banche non hanno gli strumenti per capire il business giornalistico – dice Harlan Mandel ceo di Media Development Investment Fund – che, ricordiamocelo sempre, ha ricavi poco prevedibili. I media non sono aziende agricole, ristoranti o negozi, hanno ricavi diversi che arrivano dagli abbonamenti, dalla pubblicità, dagli eventi, per questo sono unici nel loro genere”.

Uno dei nodi cruciali per trovare gli investitori è la settorializzazione. Secondo Mandel, “bisogna suscitare l’interesse dei vari investitori specializzati, anche delle nicchie”. Al centro c’è sempre il rischio, ma alla base deve esserci una buona idea. “Se hai un bel media project ci saranno investitori disposti a rischiare”, aggiunge Jakub Parusinski direttore di The Fix. Il progetto di The Fix rientra in questo discorso perché si pone come obiettivo il sostegno della stampa libera e dei media in Ucraina e nell’Europa orientale, costruendo una comunità mediatica europea solida. Nel pratico The Fix è riuscita a catalizzare con successo il capitale privato, mettendo in rete finanziatori internazionali, governi, ong e battendosi per la libertà dei media in Ucraina.

Si pensa che questo tipo di finanziamento non sia molto diffuso. Secondo Jakub Parusinski, fino a cinque anni fa non lo era, ma oggi la situazione è cambiata. “Non riguarda più solo le nicchie. Spesso però prende nomi diversi e non viene chiamato esplicitamente investimento, questo anche a causa della pressione mediatica che si vive in Europa centrale e orientale”.