La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Mangiare sano e sostenibile si può. Senza essere vegetariani

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Non sempre ciò che piace fa anche bene, proprio come accade per il cibo e l’alimentazione. E a pagarne le spese non è solo l’uomo ma soprattutto il pianeta. Questo il tema che, tra paradossi e curiosità, ha aperto la seconda giornata del Festival del Giornalismo Alimentare di Torino. Ad affrontarlo, in una sala Auditorium Vivaldi gremita, un pool di esperti moderati da Emanuele Bompan, firma de La Stampa e di BioEcoGeo.

Mens sana in corpore sano è il filo conduttore del panel in cui si è parlato soprattutto della dieta mediterranea e del suo potenziale in termini di benefici per la salute e per l’ambiente. Dai trigliceridi, il cui controllo «contribuisce a prevenire il rischio cardiovascolare», come ha sottolineato il nutrizionista del Cnr Roberto Volpe, agli Omega 3 ma la buona notizia è che gli italiani vivono in media 4 anni in più degli statunitensi e 2 in più dei tedeschi, anche se «il nostro scopo non è solo aggiungere anni, ma far sì che siano di qualità». In questa direzione il consiglio unanime dei relatori è di puntare sul pesce, come ha sottolineato l’economista Alessandro Cavalieri.

Ma la domanda di molti è: dobbiamo ridurre i grassi nella dieta? Probabilmente no, e lo dicono i dati, quelli portati da Andrea Poli della Nutrition Foundation of Italy: «Mettendo a paragone i dati di chi consuma il 50% di calorie in grassi contro chi ne consuma il 30% si nota che per la prima categoria il rischio cardiovascolare si riduce. Quindi, i grassi non fanno male». Ma, ovviamente, con le dovute eccezioni «bandirli in Italia significa eliminare latte, latticini e formaggi: una parte importante della dieta mediterranea». A catturare l’attenzione del pubblico Katarzyna Dembska, della Barilla Center for Food and Nutrition ed i tre paradossi di cibo e nutrizione: 2,1 miliardi di persone sono obese o in sovrappeso, mentre 795 milioni soffrono la fame; il 47% della produzione mondiale di cereali è destinato all’alimentazione umana, mentre il 40% si divide tra animali e biocarburanti; si sprecano 1,3 miliardi di cibo all’anno ben 4 volte il fabbisogno sufficiente a nutrire chi non riesce a sfamarsi adeguatamente.

Un comportamento che non solo va in controtendenza con le necessità ambientali ma anche con quelle umane – e quindi anche con la doppia piramide di BCFNF che mostra come gli alimenti più sostenibili siano anche quelli più salutari – preferendo alimenti come la carne rispetto a verdura e frutta. Tutto ciò dimenticando l’economicità di una dieta stagionale e salutare. Ma niente fraintendimenti: «Non dobbiamo diventare tutti vegetariani – conclude Dembska -,  ma cercare di ridimensionare il consumo di proteine animali perché quello che è buono per la salute è anche buono per l’ambiente».

     CRISTINA PALAZZO