La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

I Fast animals and slow kids di nuovo sul palco dell’Hiroshima

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“Suonare a Torino è la cosa più bella del mondo”, dicevano i Fast animals and slow kids a marzo 2017: era appena finito il live all’Hiroshima mon amour per lanciare il disco “Forse non è la felicità” ed erano increduli. Non sapevano ancora che in meno di 365 giorni, venerdì 23 febbraio 2018, su quel palco ci ci sarebbero saliti di nuovo per il tour finale.

A poche ore dal concerto l’appuntamento è quasi sold out. Sarà una serata indimenticabile, loro non hanno dubbi. “Arriviamo con la voglia di suonare bene, di dimostrare che meritiamo ogni momento di questo percorso. Tornare per la seconda volta durante lo stesso tour all’Hiroshima, locale che come l’Alcatraz di Milano è nell’immaginario di ogni musicista da sempre, è più che un sogno, rappresenta motivo di grande orgoglio”, ammette Aimone Romizi. Lui dei Fask è la voce, poi ci sono Alessandro Guercini alla chitarra, Alessio Mingoli al basso e Jacopo Gigliotti, batteria e seconda voce.

Sono partiti da Perugia dove nel 2007 hanno fatto la prima prova. Sempre insieme sul furgone, guidati dalla passione per la musica fino ad approdare sui palchi di tutta Italia. Quando circa 10 anni fa si uniscono nel progetto musicale, a muoverli c’è la passione, non le aspettative o le pretese. Poi nel 2010, l’Italia Wave Love Festival. Lo vincono e, inaspettatamente, li contatta Appino, frontman dei toscani Zen Circus per incidere un disco con l’etichetta della band Iceforeveryone. Esce “Cavalli” nel 2011, seguono Hỳbris (2013) e Alaska (2014) con Woodworm, con cui il 3 marzo 2017 pubblicano anche “Forse non è la felicità”.

Ciò che li aspetta, dopo queste ultime date del tour finale, è presto detto. “Viaggiare e prenderci del tempo, finché non decideremo, probabilmente presto, di tornare in sala prove – assicura Aimone -. Già abbiamo qualcosa su cui lavorare, ci sono idee e qualche riff ma il grande viene dalle nostre esperienze quotidiane. Anche perché, tutti i brani sono composti insieme, in maniera democratica: non si esce dalla saletta se non siamo sicuri di ogni nota”.

MARTINA PAGANI