Quando il fascismo sopravvive alla storia

È già troppo tardi. Michela Murgia dedica così ai suoi due figli il libro “Istruzioni per diventare fascisti”.

Il fascismo, secondo la scrittrice sarda, non è morto a Piazzale Loreto, ma vive ancora oggi nel nostro linguaggio e nella nostra società. Al Salone del Libro di Torino cinque scrittori si sono confrontati sul tema fascismo e antifascismo: David Bidussa, Francesco Filippi, Mimmo Franzinelli, Michela Murgia e Claudio Vercelli, tutti autori di saggi che hanno analizzato con diverse prospettive il tema del ritorno di popolarità del fascismo nel nuovo millennio. “Avevo paura che il titolo venisse preso alla lettera. Ma anche qui sono arrivata tardi, i loro manuali li avevano già e belli zeppi. Addirittura editi”, racconta Michela Murgia durante la rassegna del Lingotto, al centro delle polemiche degli ultimi giorni.

“Usare sempre la parola fascista come insulto riduce tutto ad una rissa massmediatica”, commenta lo storico Mimmo Franzinelli. “Così è successo anche qui a Torino: si è data troppa importanza a un piccolo libro di un pessimo editore che durerà massimo una stagione”. Il riferimento è alla casa editrice Altaforte, vicina a CasaPound, che doveva inizialmente essere presente al Salone del libro e poi esclusa in extremis prima dell’inizio dell’evento.

Punti di vista diversi, ma una convinzione comune: il fascismo non è finito con la storia. Per Francesco Filippi, infatti, “è atemporale, non è un fenomeno ma una retorica. Scaturisce nel momento in cui qualcuno ne utilizza il metodo”. E a farne uso non è solo chi si dichiara apertamente fascista, ma anche chi dice ‘non sono fascista ma…’, chi fino a qualche anno fa si diceva persino democratico. È necessario dunque capire il modo in cui il fascismo costruisce le sue risposte e individua bersagli anziché soluzioni. Osservare come il linguaggio che utilizza sia diventato sempre più contagioso. “Il mio problema non è con chi mi scontro – racconta Murgia – ma quando le persone che sono d’accordo con me usano le stesse parole di coloro con cui mi sono scontrata. Non dico che il fascismo sia ovunque, ma se non stiamo attenti ha il potere di contaminare ogni cosa”.

La lotta al totalitarismo e a questo tipo di nostalgia diventa allora una nuova forma di emancipazione, di riappropriazione della propria libertà personale e responsabilità collettiva. “Ciascuno di noi non ha solo il diritto di vivere un buon presente, – conclude David Bidussa – ma anche il dovere di consegnare un buon futuro a chi verrà dopo”.

 

ROBERTA LANCELLOTTI

MARTINA STEFANONI