La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

La neolingua dei populisti e la fine del dibattito pubblico

condividi

Non c’è mai stata così tanta distanza tra classe dirigente e cittadini. Da quando il ciclone Trump si è abbattuto sulla politica americana ci si interroga su come ricucire questi due mondi. A riflettere sull’argomento ci hanno provato Mario Calabresi, direttore di Repubblica, e Mark Thompson, Ceo della New York Times Company in un incontro dal titolo “La fine del dibattito pubblico” durante il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.
In un excursus storico che ha spaziato da Platone a George Orwell, i due protagonisti si sono interrogati sull’influenza dei populismi e, soprattutto, dei loro linguaggi. “Trump ha trasferito i meccanismi del marketing all’interno della politica – ha spiegato Thompson – continuando a ribadire che tutto è semplice, tutto è facile”. Il Presidente USA è l’emblema dell’uomo solo al comando che, in tempi di crisi, dice alla gente ciò che vogliono sentirsi dire. Non si può non citare il primo dibattito televisivo tra The Donald e Hillary Clinton. L’ex First Lady si rivolgeva a piccoli gruppi di persone, i “suoi” elettori, senza mai allontanarsi dal discorso che le era stato preparato dallo staff; Trump, invece, intercettava le grandi masse e si faceva carico dei loro bisogni. “Jobs, jobs, jobs”, come altre migliaia di volte aveva ripetuto in campagna elettorale. Questo tipo di linguaggio, semplice ma efficace, ha fatto breccia tra milioni di americani, abbandonati e delusi dalla loro classe dirigente. Il linguaggio, dunque. Quelle “unconventional words” che ai benpensanti hanno fatto gridare allo scandalo. Ma è proprio questo modo di esprimersi che, secondo Thompson, ha permesso a Trump di diventare l’inquilino della Casa Bianca. Una politica fatta di slogan, dove “un solo tweet può cambiare la storia di un intero Paese”.

Nella seconda parte dell’incontro non è mancata una buona dose di autocritica. Spostando la lente d’ingrandimento dagli Stati Uniti, si è passati ad analizzare i problemi riguardanti i mezzi d’informazione. “Viviamo tempi in cui siamo bombardati da notizie 24 ore su 24”, ha ammesso Calabresi. Questo approccio ha fatto emergere veri e propri vizi del giornalismo moderno, come la ricerca spasmodica della velocità, dell’arrivare prima di chiunque altro sulla notizia. Per non parlare delle fake news, terremoto che scuote le fondamenta della credibilità dei media. “La soluzione – ha spiegato Thompson – non è negli algoritmi di Facebook o Google. La soluzione si trova nell’utilizzo di un linguaggio chiaro e comprensibile, per tornare a essere credibili e affidabili”. E, per farlo, c’è bisogno di tornare a fidarsi del pubblico. “Fidarsi del pubblico affinché quest’ultimo torni a fidarsi dei giornalisti”.
Dopo oltre un’ora di dibattito, il direttore di Repubblica ha voluto salutare i presenti con una citazione tratta da “La fine del dibattito pubblico”, ultimo libro di Mark Thompson che ha dato il titolo all’incontro: “Pensate, parlate, Ridete. Squarciate il baccano”. Un buon auspicio in tempi sempre più cupi.

PASQUALE MASSIMO