Crisi al confine tra Grecia e Turchia, Erdogan usa i profughi e mette all’angolo l’Unione Europea

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Le drammatiche immagini di migranti respinti al confine tra Grecia e Turchia e nelle isole del mar Egeo hanno fatto il giro del mondo negli ultimi giorni. In seguito alla decisione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan di non trattenere più sul territorio turco i profughi, migliaia di siriani, iracheni, curdi e afghani hanno cercato di entrare in Grecia. Uno sviluppo collegato all’evoluzione dello scontro in Siria nel governatorato di Idlib, dove le truppe dell’esercito siriano appoggiato dalla Russia hanno lanciato un’offensiva colpendo anche decine di soldati turchi presenti nell’area oltre ai ribelli e soprattutto decine di migliaia di civili. Solo al termine di un incontro a Mosca tra Erdogan e il presidente russo Vladimir Putin nella giornata di ieri, 5 marzo, si è arrivati a una tregua temporanea.

I flussi migratori dal Medio Oriente verso l’Europa si sono intensificati con l’inizio della guerra civile in Siria nel 2011 e avevano raggiunto soglie critiche lungo la cosiddetta “rotta balcanica” nel 2015. Il 20 marzo 2016, l’Unione Europea aveva stretto un accordo con il governo turco per trattenere i migranti irregolari in transito verso il confine sud-orientale dell’Europa. Un patto controverso, molto criticato dalle organizzazioni che si occupano di tutela dei diritti umani, che è stato rimesso in discussione la scorsa settimana dal presidente Erdogan con la riapertura dei confini.

Perché la Turchia ha aperto le frontiere?
La Turchia è schierata nel conflitto siriano a sostegno dei ribelli contro l’esercito regolare del dittatore Bashar-al-Assad sostenuto, anche militarmente, dalla Russia. Nelle ultime settimane, le forze militari sono state impegnate soprattutto nell’area nord-occidentale della Siria, la provincia di Idlib, roccaforte dei ribelli in cui la Turchia mantiene un avamposto.
Dopo aver chiesto invano il sostegno militare degli alleati della Nato, il 28 febbraio Ankara ha annunciato che non avrebbe più fermato i flussi migratori verso l’Europa. Secondo i primi dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni si sono messi in viaggio verso il confine con Grecia e Bulgaria circa 13 mila migranti tra i 3,6 milioni presenti in Turchia, ma il governo greco ha dichiarato di aver impedito l’ingresso di quasi 35 mila profughi mentre il ministro degli Esteri turco ha comunicato dati di partenze verso i confini molto superiori. Arrivati alle porte dell’Unione Europea i migranti sono però stati fermati e respinti anche con violenza. Agenti di polizia e soldati hanno sparato lacrimogeni e proiettili contro di loro facendo una vittima accertata, il giovane Muhammad al-Arab.

La crisi umanitaria ha provocato un effetto a catena in Grecia. La tensione è esplosa anche nelle isole di Lesbo, Chio e Samo nel mar Egeo, sedi di campi profughi in cui migliaia di richiedenti asilo vivono in condizioni durissime da anni. Operatori umanitari e giornalisti hanno denunciato violenze da parte di militanti dell’ultradestra greca sostenuti da frange della popolazione locale.
Come misura per far fronte all’emergenza, le autorità greche hanno annunciato la sospensione per un mese della presa in carico di nuove domande d’asilo.

Quale posizione ha l’Unione Europea?
La Grecia ha chiesto il sostegno dell’Unione Europea per gestire la pressione al confine con la Turchia e martedì 3 marzo la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e i rappresentanti delle istituzioni europee si sono presentati sul posto a Kastanies. Durante il suo intervento in conferenza stampa, von der Leyen ha affermato che chi cerca di mettere alla prova l’unità europea resterà deluso. Ha promesso di potenziare il dispiegamento di forze di Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera, e annunciato lo stanziamento di 700 milioni di euro di assistenza finanziaria ad Atene per gestire la situazione migratoria e provvedere ai servizi necessari. Le sue dichiarazioni che hanno fatto più discutere sono state però quelle conclusive con cui ha ringraziato la Grecia per essere lo “scudo” dell’Europa.

Il presidente dell’Europarlamento David Sassoli ha sottolineato la necessità di arrivare a una politica migratoria comunitaria per garantire la salvaguardia dei diritti umani.

L’Unione Europea ha cercato di riprendere il dialogo con la Turchia con due giorni di colloqui dell’Alto rappresentante per gli affari esteri Josep Borrell con le istituzioni di Ankara.

Gli appelli dell’Unhcr e delle Organizzazioni non governative
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr, si è rivolto alle autorità greche affermando che la loro decisione di sospendere la presa in carico di domande d’asilo non ha nessuna base legale. Il governo di Atene ha fatto appello al comma 3 dell’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea secondo cui sono possibili “misure temporanee qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi”. La stessa legge prevede però una serie di passaggi tra le istituzioni europee che in questo caso non sono stati rispettati e non contempla la sospensione di alcun diritto. La Grecia per altro ha firmato la Convenzione di Ginevra del 1951 ed è quindi tenuta al rispetto dei trattati internazionali sulla condizione di rifugiato.

Amnesty International ha dichiarato in una nota ufficiale che “la Grecia deve rispettare il diritto d’asilo e l’Unione Europea deve aiutarla. Il diritto di chiedere asilo non è negoziabile”. Sessantacinque organizzazioni non governative hanno chiesto agli stati membri dell’Ue di intervenire urgentemente a sostegno dei migranti respinti e confinati nei campi profughi delle isole greche, dove da tempo viene denunciato un serio problema di sovraffollamento e di mancato rispetto dei diritti umani. Il campo di Moria sull’isola di Lesbo è l’esempio più grave e documentato. Dati recenti dell’Unhcr denunciano la presenza di una popolazione di quasi cinque volte superiore alla capacità di accoglienza, con il 42% di presenze di minorenni e oltre mille bambini non accompagnati.

LUCA PARENA