C’erano una volta i Murazzi: storia di una Torino che non c’è più

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I Murazzi rivivono in video: una storia così malinconica da attirare la prima pioggia dopo mesi, così epica da diventare protagonista di un film. Il progetto di Gianluca Saiu “Murazzi – Una storia vera” è stato proiettato in un’aula autogestita del Campus Einaudi.

Nell’aria umida c’erano gli occhi affranti di Giancarlo, storico fondatore dell’omonimo circolo, che ai giovani seduti per terra e ammassati nell’aula C1 ha detto: “I Murazzi di prima non ci saranno mai più”. Perché di quel luogo, che per 30 anni ha reso Torino un punto di riferimento della vita notturna e che riuniva artisti e deejay da tutto il mondo, oggi non rimane molto.

I Murazzi sono “Quel posto improgettabile scaturito da una serie di necessità inespresse per lungo tempo, che divenne la valvola di sfogo in grado di abbattere le barriere della città in superficie” spiega Max Casacci, chitarrista dei Subsonica. E proprio loro furono una delle band simbolo di quel substrato torinese che pulsava di notte. “I Subsonica nascono e si identificano in quell’esatto luogo, perché le storie nascono dove le libertà possono esprimersi”, aggiunge Casacci. E i Murazzi sembravano fatti apposta per permettere alla città di vivere durante la notte, a patto che si rispettassero determinate regole che i locali storici conoscevano bene.

Il docufilm di Gianluca Saiu mostra la Torino dell’epoca con gli occhi di chi l’ha vissuta veramente: dalle storie di Alessandro Gambo, direttore artistico del Magazzino sul Po, ai racconti del giornalista Gabriele Ferraris, creatore del blog Gabo su Torino. Un percorso interessante anche per chi, come la maggior parte dei presenti, dei “Muri” degli anni ’80 ha solamente sentito parlare.
“Torino è sempre stata una città di lotta, e senza i Murazzi molte persone non avrebbero mai avuto uno sfogo dai ritmi scanditi dalla fabbrica o dalla vita frenetica della città in espansione – dice Michele Raffaele del centro sociale Csa -. Sarebbero rimasti solo un dormitorio per la Fiat, e invece sono diventati il luogo in cui le differenze sociali si annullavano. Erano una piccola resistenza da ciò che accadeva in città”.

Poi interviene Enrico Melis, dj e organizzatore delle serate The Dreamers: “C’è qualcosa di interessante, sì, ma un luogo di commistione come i Muri non è ripetibile in nessun’altra zona della città. E, ormai, neanche lì”. Gianluca Saiu, regista del docufilm, spiega che “Dal 2012 sono state messe in atto poche iniziative per rilanciare i Murazzi: la politica non ha intenzione di far rinascere quella parte di Torino, oppure le mire dell’amministrazione sono altre, come Aurora o Porta Palazzo”.

Molti locali ora sono finanziati da sponsor importanti, che li riqualificano e li mettono a norma. “Quei locali sono stupendi, ma dov’è la vibrazione? Per fare tutto a norma si muore”: Enrico Melis ormai ha perso le speranze. Ed è per questo che nel 2012 ha celebrato il Funerale dei Murazzi con un corteo guidato da Giancarlo in veste di cardinale: l’ evento simbolo della fine di un’epoca.

D’altronde quando un luogo di creatività diventa luogo comune, quella creatività si perde per sempre. Ed è vero che tutte le esperienze hanno un inizio e una fine, ma i Murazzi hanno sempre dimostrato di essere fuori da ogni schema.

 

CHIARA MANETTI