Cronaca di una strage, estremista di destra uccide 11 persone

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Sono le dieci di un mercoledì sera come tanti altri quando Tobias Rathjen decide di compiere una strage. E’ il 19 febbraio: Rathjen sale sulla sua Bmw e guida verso il centro di Hanau, la città dell’Assia a 20 km da Francoforte, dove vive con la madre. Entra in uno shisha-bar – il Midnight – e uccide due persone: sono il proprietario e un cliente del locale. La follia non si ferma, Tobias prosegue verso il Cafe La Votre dove spara a sangue freddo a un’altra persona. Torna in strada e uccide un’adolescente. Poi si rimette in macchina, raggiunge l’Arena bar e spara sui clienti, tutti stranieri. Torna a casa in auto, uccide la madre di 72 anni e si spara. La polizia lo troverà riverso a terra senza vita. Il bilancio è di 11 morti e 4 feriti.

 

Non è un caso che nessuna delle vittime sia tedesca. Turche, curde, bosniache, rumene e bulgare. Perché la follia di Tobias Rathjean aveva uno scopo ben preciso: sterminare gli stranieri. Lo scriveva sul suo sito, oscurato poche ore dopo la strage, dove aveva pubblicato un manifesto di 24 pagine in cui annunciava le sue intenzioni omicide verso coloro che mettevano in pericolo la Germania. Un paranoico razzista che temeva di essere pedinato e sorvegliato, Rathjen. E così a pochi mesi dall’attacco alla sinagoga di Halle e dall’assassinio del politico cristiano-democratico Walter Luebcke, la Germania si risveglia con un’altra strage. L’ennesima compiuta dalle mani di un estremista di destra.

 

CHIARA MANETTI